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UN ANNO DA FREELANCE. COSA HO IMPARATO.

In questi giorni compio un anno da freelance. Un anno fa ho fatto una scelta strana, contrastata e piuttosto insolita. Ho lasciato il full time in azienda (e non è questa la scelta straordinaria, sempre più gente sceglie di farlo).

 

Quel che è insolito è che ho scelto un demansionamento. Non l’ho subito. L’ho desiderato, cercato e ottenuto. Ero impiegata con un contratto a tempo indeterminato da oltre vent’anni, avevo raggiunto un livello di carriera abbastanza soddisfacente, avevo un posto sicuro.

 

Però non ero felice, non mi sentivo realizzata e non c’erano ulteriori prospettive di crescita. Hai presente quando si parla del Soffitto di Cristallo?

 

D’altra parte, non me la sentivo di lasciare tutto per un triplo salto mortale senza rete. Non sono sola, anche se sono single: ho due figli adolescenti e la nostra è una famiglia monoreddito.

 

Se anche tu ti senti così, bloccata in un lavoro che non ti realizza e non ti soddisfa, infelice perché non riesci a conciliare il tempo del lavoro con quello della tua vita privata, ti prego, continua a leggere. Perché ci sono alcune cose che voglio dirti, dal cuore, sinceramente, mettendomi completamente a nudo.

 

Il demansionamento mi è sembrata la soluzione perfetta. Sono passata da un lavoro di middle management, con le conseguenti responsabilità ed orari, ad un lavoro part time, vicino a casa, da operaia. È stata una scelta entusiasta. Ero piena di adrenalina e non vedevo l’ora di buttarmi a capofitto nella mia nuova avventura.

 

Avevo un sogno: volevo aiutare le altre donne a risplendere, sostenendole mentre creano le occasioni per esprimere tutto il loro potenziale.

 

Così, da un anno a questa parte, le mie giornate si dividono tra i turni come addetta vendite (che nella mia azienda, un discount, significano anche pulizie e facchinaggio) e la scrittura per il blog, le consulenze di coaching in studio e online, il marketing, la comunicazione e la promozione dei miei servizi.

 

A Gennaio 2017 ho aperto la mia partita iva, nel regime dei minimi, e questi mesi sono stati i più strani della mia vita. Nessuna certezza, nel bene e nel male.

Ho anche avuto molta paura: mi sono sentita insicura, e non era certo una sensazione a cui io fossi abituata. Mi sono sentita sola e piccola di fronte a tutte le cose nuove che ho dovuto imparare ed affrontare.

 

Ci sono stati giorni, in cui l’unica soluzione al mal di schiena era mollare tutto e uscire a camminare, altri in cui per superare ansie e paure mi sono sfogata con le amiche (sante subito) al telefono o davanti a un buon bicchiere di vino rosso.

 

Però c’è stata anche tantissima, bellissima, inaspettata libertà. Un anno da freelance in cui ho fatto ricerca e ho sperimentato. A volte con successo, a volte imparando cosa non funzionava e mettendo un seme per ulteriori evoluzioni e apprendimenti.

Ho sicuramente commesso errori e ci sono state difficoltà, è vero.
Ci sono state però soddisfazioni che hanno superato i problemi in quantità ed intensità.

 

Cosa ho imparato:

  • Ho imparato a dare il giusto valore al mio tempo, alle mie competenze, alle mie consulenze e ai miei servizi. Il tempo è prezioso. Quello che so l’ho imparato studiando e tenendomi aggiornata. Dietro al mio lavoro ci sono bollette da pagare, figli, vita, una gatta, spese di formazione, e a dirla tutta il mio pc non è messo benissimo. Condivido molto gratuitamente, ma le mie consulenze e i miei prodotti sono molto altro. Vanno benissimo i complimenti, i riconoscimenti e gli attestati di stima. Le fatture pagate sostengono il mio progetto e mi permettono di offrire e condividere di più e meglio.
  • Ho imparato che essere freelance prevede una massiccia dose di lavoro su se stessi. Essere molto onesti sulla natura delle proprie competenze e su quella dei propri limiti aiuta a capire, senza farsi troppo male, fin dove possiamo arrivare da sole e dov’è che invece dobbiamo chiedere aiuto e possiamo farci aiutare.
  • Ho imparato che è necessario avere un piano. Una strategia aiuta ad essere più produttivi ed efficaci. Vale per le scadenze, per i social network, per il personal branding, per la vita privata, lo storytelling e ‘l sa ghe n’è. Ho però imparato anche che è sano riuscire a non farsene ossessionare. Io su questo non sono proprio, proprio, ancora bravissima e, quindi, ho assunto una persona che mi aiuta in questa parte di lavoro.
  • Ho imparato che la zona di comfort è uno spazio mentale che è utile ampliare superandola, ogni tanto. E alla quale è saggio tornare temporaneamente e periodicamente per ricaricarsi.

 

In che modo può aiutare te:

  1. Lavora sulla consapevolezza.

    Essere una brava professionista significa anche avere un business plan, saper gestire con cognizione di causa ed assertività i clienti, il tempo e il proprio denaro: dal pricing agli insoluti.

  2. Trust the process.

    Non puoi controllare il futuro, non puoi sapere cosa accadrà. Puoi scegliere di impegnarti al massimo e cercare di fare al meglio delle tue possibilità, invece. Confidare nel processo, completamente, davvero completamente, significa semplicemente essere qui nel presente per sperimentarlo.

  3. Impara a fare bilanci.

    Mica solo economici. I momenti di sconforto accadono, non puoi evitarli ma puoi affrontarli. Siediti e prendi in esame quel che sta accadendo. Molto spesso ti capiterà di accorgerti che quello che sembrava uno tsunami era in realtà un semplice temporale. E se trovi chi vende l’ombrello puoi affrontarlo senza timore di rovinare la piega né sbavare il rossetto rosso.